Ma quanto sono depressi gli studenti di medicina in Italia
A sostenerlo uno studio dell’università di Torino. Con questo disturbo il 29,5% degli iscritti a questa facoltà. Più a rischio le ragazze.
IN ITALIA gli studenti di medicina soffrono di depressione. Un disturbo che li colpisce di più rispetto ai coetanei impegnati a prendere una laurea analoga nel resto del mondo. Lo rivela uno studio realizzato dal dipartimento di Scienze della sanità pubblica dell’Università di Torino, diretto da Roberta Siliquini. La depressione riguarda il 29,5% del campione, 2.513 ragazzi e ragazze fra i 19 e 24 anni (l’età media è di 22) in 12 scuole di medicina (il 29,27%) delle università italiane del Nord, del Centro e del Sud.
Più sereni all’estero
Nel mondo il tasso è inferiore, il 27,2% (secondo una ricerca di quattro anni fa pubblicata sull’autorevole rivista Usa “Jama”), mentre se i confini sono quelli europei la percentuale di incidenza della patologia è ancora più bassa, il 20%. Cifre ancora più significative se il confronto è con la popolazione della stessa fascia d’età, colpita dalla depressione soltanto per il 5%.
Quanto alla gravità, il 14% accusa sintomi lievi, l’11,1% moderati, mentre per il 4,5% i sintomi sono gravi. E le percentuali crescono man mano che si procede con il corso di laurea: gli studenti del primo anno accusano meno sintomi di depressione di quelli del sesto anno. Al primo anno le percentuali si fermano al 26,6% mentre al sesto anno si registrano picchi fino al 36,6%.
I fattori di rischio
I fattori di rischio identificati dallo studio condotto dall’Università di Torino sono semplicemente essere donna (il 61,3% del campione), le disforie di genere, la storia psichiatrica della famiglia, ma in percentuali rilevanti (il 15,2%) condizioni economiche difficili, la necessità di lavorare durante il periodo di studio (17,2%) e lontananza da casa (6,1%). Spesso i fattori di rischio si sommano: alla scarsa disponibilità economica, ad esempio, si unisce la necessità di studiare in una città diversa da quella di origine. Anche la competitività, chiarisce la professoressa Siliquini, “è un fattore di rischio, e fra i nostri studenti è alta anche se spesso ingiustificata, considerato che tutti trovano lavoro”.
Non si curano
C’è di più. Oltre a soffrire di depressione, gli studenti di medicina non sono neppure propensi a farsi curare. Nonostante gli sportelli di aiuto psicologico siano aperti in tutte le scuole di medicina, soltanto il 15,7% dei ragazzi sceglie di rivolgersi ai colleghi psicologi per chiedere una consulenza o seguire una terapia.
“Nei nostri corsi di studio è necessaria una valutazione attenta – dice Siliquini – Nelle nostre università dobbiamo fare tutto il possibile per rafforzare i ragazzi. Gli sportelli ci sono e gli strumenti per farsi aiutare certamente non mancano, ma la depressione è spesso sentita come uno stigma. E poi, studiando medicina, prevale probabilmente una tendenza all’autoterapia”. Un confronto con gli studenti impegnati in altre discipline per ora è impossibile: “Non ci sono indagini che ci consentano di scoprire le eventuali differenze”.